Jacques Lecoq (1921-1999) è stato un influente attore, mimo e pedagogo teatrale francese, noto per la sua rivoluzionaria visione del teatro fisico e del movimento.
Nato a Parigi, Lecoq sviluppò un profondo interesse per il corpo umano e il suo linguaggio espressivo, influenzato da studi di educazione fisica e ginnastica. Il suo percorso formativo lo portò in Italia nel 1948, dove studiò le maschere della Commedia dell’Arte e il teatro classico, fondando una compagnia teatrale con Franco Parenti.
Nel 1956, Lecoq fondò la Scuola Internazionale di Teatro a Parigi, che divenne un’istituzione di riferimento per attori e registi di tutto il mondo. La sua pedagogia, centrata sull’esplorazione del movimento, dell’improvvisazione e dell’uso delle maschere (in particolare la maschera neutra), ha influenzato profondamente il teatro contemporaneo. Lecoq credeva che il corpo fosse il primo strumento di espressione e che attraverso di esso si potessero esplorare le infinite possibilità della drammaturgia.
L’importanza di Jacques Lecoq per il teatro è immensa: ha formato generazioni di artisti, tra cui molti noti attori, registi e scenografi (tra questi Ariane Mnouchkine, Julie Taymor, Simon McBurney, Philippe Gaulier, Yasmina Reza e Geoffrey Rush), trasformando il modo in cui il movimento e la fisicità sono percepiti e utilizzati sulla scena (Vedi qui).
Se dovessimo fare un elenco di caratteristiche che contraddistingue lo stile di insegnamento di Lecoq (e quindi i suoi principi pedagogici) potremmo usare questi aggettivi:
- Corporeo: enfasi sul movimento fisico e l’espressione del corpo.
- Dinamico: movimenti fluidi e energici, pieni di vitalità.
- Creativo: approccio innovativo e immaginativo alla recitazione e alla messa in scena.
- Mimetico: uso della mimica e dell’imitazione per esplorare personaggi e situazioni.
- Interattivo: coinvolgimento attivo e collaborativo tra attori e pubblico.
- Esplorativo: ricerca continua di nuove forme di espressione teatrale.
- Poetico: creazione di immagini evocative e suggestive attraverso il movimento.
- Universale: capacità di comunicare emozioni e storie senza bisogno di parole, rendendo lo stile accessibile a tutti.
- Intuitivo: basato sull’istinto e l’improvvisazione.
- Espressivo: forte enfasi sulla comunicazione di emozioni e stati d’animo attraverso il corpo.
Questi aggettivi riflettono l’essenza del metodo di Jacques Lecoq, che si concentra sulla fisicità e sull’immaginazione puntando a un teatro vivace e coinvolgente. Questi stessi aggettivi, che hanno permesso al metodo di Jacques Lecoq si essere celebrato per la sua innovazione e per l’enfasi sul movimento e l’espressione corporea, portano anche i loro limiti:
- Dipendenza dal Corpo: poiché il metodo Lecoq si concentra molto sull’espressione fisica, vincola gli attori a una costante formazione fisica che deve essere solida e portare a un uso estensivo del corpo.
- Formazione Intensiva: il metodo richiede una formazione intensiva e continua per essere padroneggiato.
- Limitazioni Narrative: poiché il metodo Lecoq si concentra meno sul testo e più sul movimento, spesso non è il più efficace per opere teatrali che richiedono una forte narrativa verbale o una complessa costruzione del personaggio attraverso il dialogo.
- Equilibrio con Altri Metodi: attori e registi si ingegnano in diverse maniere per integrare il metodo Lecoq con altre tecniche di recitazione che si concentrano maggiormente sulla psicologia del personaggio e sul lavoro testuale
- La rigidità dell’eredità: quello che ha lasciato Jacques Lecoq è paragonabile a quello che ha lasciato Stanislavskij, ovvero una serie di principi e idee rivoluzionarie che poi sono diventate la religione di molti.
Soprattutto questo ultimo punto comincia a diventare evidente man mano che gli allievi diretti del Maestro stanno via via scomparendo. Lecoq è stato in grado di combinare le sue conoscenza anatomiche e di educazione in ambito sportivo con il teatro, generando innovazione. Era una persona curiosa (dicono anche molto boriosa e taccagna, ma sui pettegolezzi non possiamo esser certi) e di certo di fronte alle incredibili scoperte in ambito neurofisiologico, educativo e pedagogico non sarebbe stato indifferente. Avrebbe scritto un corpo poetico 2.0 per il quale con tutta probabilità la struttura della sua scuola avrebbe subito una rivoluzione. Tendenzialmente oggi si cerca di seguire ancora i suoi precetti, senza grandi innovazioni, integrazioni o evoluzioni. I lecoquiani hanno successo principalmente perché sono ottimi insegnanti, ma anche perché suoi allievi diretti o indiretti.
Questo e gli altri limiti non diminuiscono il valore del metodo Lecoq, ma sottolineano l’importanza di un approccio bilanciato e della diversificazione delle tecniche teatrali per adattarsi meglio alle esigenze individuali degli attori e delle produzioni teatrali.
Un attore che ha studiato il metodo Lecoq può bilanciare le mancanze e i limiti di questo approccio:
- Studio del Testo e Analisi del Personaggio:
- Metodo Stanislavskij: imparare a lavorare sul testo e sviluppare una comprensione psicologica del personaggio.
- Tecniche di Meisner: lavorare sulla risposta emotiva e la connessione autentica con gli altri attori.
- Voce e Dizione:
- Training Vocale: lezioni di voce per migliorare la proiezione, la modulazione e la chiarezza del parlato.
- Dizione e Articolazione: lavorare con un coach di dizione per perfezionare l’articolazione e la pronuncia.
- Tecniche di Improvvisazione:
- Teatro di Improvvisazione: migliorare la reattività e la creatività in scena.
- Commedia dell’Arte: studiare le maschere e le tecniche di improvvisazione tradizionali italiane.
- Danza e Movimento:
- Danza Moderna e Contemporanea: ampliare il repertorio di movimento con stili di danza che enfatizzano la fluidità e l’espressività corporea.
- Yoga e Pilates: migliorare la forza, la flessibilità e la consapevolezza del corpo.
- Approcci Multidisciplinari:
- Teatro Fisico e Gesto: studiare con maestri di teatro fisico e gesto (evito di fare nomi, ne conoscerete a bizzeffe!).
- Tecniche di Clown: esplorare il lavoro sul clown per aggiungere umorismo e leggerezza alle performance.
- Recitazione Cinematografica:
- Tecniche di Recitazione per la Camera: recitare davanti alla telecamera, dove la sottigliezza e la precisione del movimento e dell’espressione sono fondamentali.
- Studio delle Tradizioni Teatrali:
- Teatro Classico: imparare a conoscere i testi classici di Shakespeare, Molière fino a Sarah Kane e altri per sviluppare una solida base testuale.
- Teatro Orientale: studiare forme teatrali asiatiche come il Noh, il Kabuki e il Kathakali per apprendere nuovi modi di espressione corporea e simbolica.
- Scrittura e Creazione di Materiale:
- Drammaturgia: imparare le basi della scrittura teatrale dona all’attore la consapevolezza della struttura interna della scena
- Psicologia del Personaggio:
- Metodo Strasberg: approfondire il metodo di Lee Strasberg per lavorare sulle emozioni autentiche e il ricordo emotivo.
- Psicologia e Sociologia: studiare questi campi per comprendere meglio le motivazioni e i comportamenti umani.
In vero il messaggio fondamentale di questo articolo non è che è con impegno potete creare bei elenchi di concetti e aggettivi. La cosa fondamentale è che se scegliete una scuola dovrete individuarne i limiti e poi, nell’ottica della vostra crescita personale e artistica, escogitare i percorsi migliori per poterli superare senza mai incaponirsi un metodo comportandosi come un adepto o un fedele, anche perché la maggior parte delle volte i maestri non si riconoscerebbero in quello che raccontano di loro gli allievi.
Leggendo i libri di Grotowski, egli stesso sembra contraddire l’immagine che molti hanno di lui. Prendiamo il concetto di training, spesso associato strettamente al suo nome. Grotowski chiarisce che il training non dovrebbe essere eseguito solo per il gusto di farlo. Secondo lui, l’allenamento ha senso solo se serve a liberare l’attore. Se un attore è già capace di donarsi completamente al pubblico, non ha bisogno di alcun training. Infatti, le abilità acquisite nelle scuole o nelle compagnie attraverso il training possono diventare una sorta di corazza che, invece di avvicinare l’attore al pubblico, crea distanza. È possibile che uno spettatore esca da uno spettacolo ammirando la bravura, la voce e l’interpretazione dell’attore, ma senza aver stabilito un vero contatto emotivo con lui. Se ciò accadesse, non sarebbe il primo passo verso la morte del Teatro?
Samuel Maverick Zucchiati
Regista, formatore teatrale, Professional Counselor
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