Le Officine del Secondo Welfare

Questo articolo è dedicato a comprendere come le Officine contribuiscano al welfare e perché dovremmo chiamarlo Secondo Welfare.

Ai sensi del Decreto legislativo 117 del 2017 e delle norme del Codice civile in tema di associazioni, si è costituito un nuovo ente del terzo settore. In particolare un’Associazione di Promozione Sociale che abbiamo voluto chiamare Officine Culturali.
Volevamo uno spazio progettuale dove si potessero svolgere diverse attività culturali, praticarle con spirito artigiano. Da qui l’officina e da qui il plurale officine.

In virtù di tutto ciò sono nate le Officine Teatrali, Scuola dei Mestieri dello Spettacolo e Centro di Produzione e Ricerca Teatrale. Ma in che senso le Officine perseguono un INTERESSE GENERALE?

Uno Stato moderno è chiamato a provvedere al benessere (welfare) dei propri cittadini. In particolare la Costituzione Italiana stabilisce che il benessere è anche culturale. L’espressione Welfare Culturale indica proprio questa intenzione, concretizzata in un modello integrato di promozione del benessere e della salute degli individui e delle comunità. Come? Tramite pratiche culturali che comprendano le arti visive (scultura, pittura, fotografia, eccetera), performative (danza, musica, teatro e così via) e il patrimonio culturale (siamo in Italia… vedete voi).

L'Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce l’efficacia delle pratiche culturali, artistiche e creative come fattore di promozione della salute.


Questo modo di pensare ha degli impliciti. Impliciti che per fortuna L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha voluto esplicitare. Prima di tutto è stato riconosciuta l’efficacia delle pratiche culturali, artistiche e creative, come fattore:

  • di promozione della salute […];
  • di benessere soggettivo e di soddisfazione per la vita […] e potenziamento delle risorse (empowerment) e della capacità di apprendimento;
  • di contrasto alle disuguaglianze di salute e di coesione sociale […];
  • di invecchiamento attivo […];
  • di inclusione e di empowerment per persone con disabilità anche gravi e per persone in condizioni di marginalizzazione o svantaggio […]
  • complementare di percorsi terapeutici tradizionali;
  • di supporto alla relazione medico-paziente, attraverso le medical humanities e la trasformazione fisica dei luoghi di cura;
  • di supporto alla relazione di cura, anche e soprattutto per i carer non professionali;
  • mitigante e ritardante per alcune condizioni degenerative, come demenze e il morbo di Parkinson.

Se volete una definizione integrale andatevi a leggere A. Cicerchia, Al. Rossi Ghiglione, C. Seia, Welfare culturale, Treccani, Roma, 2020.

In questo senso lo statuto delle Officine Teatrali si inserisce in un quadro istituzionale, legislativo e quindi di diritti molto più grande di quanto non si possa pensare di primo acchito.
L’impegno delle Associazioni come la nostra rientra sia nelle linee di azione suggerite dall’OMS, sia negli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, in particolare nei Goals n.3 “Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età” e n. 11 “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”.

Ma davvero possiamo inserire la cultura tra i determinanti individuali e sociali della salute?
Oltre 3000 tra studi e 900 ricerche raccolte in un censimento intitolato “What is the evidence of the role of the arts in improving health and well-being?”  confermano il ruolo primario delle arti e della cultura nella prevenzione, nel trattamento e nella gestione di patologie e nella promozione della salute.
L’OMS si spinge oltre e consiglia ai cosiddetti policy makers sui territori (comuni, istituzioni, enti culturali pubblici e privati) di promuovere una maggior conoscenza e consapevolezza degli impatti dell’arte e della cultura sulla salute. Suggerisce a questi soggetti di incrementare la partecipazione culturale e azioni mirate a favorire la sistematizzazione di processi che conducono a stabilizzare la collaborazione con i sistemi socio-sanitario ed educativi, anche integrando e co-finanziando rispettivi programmi di policy e di azione. Vabbè, l’OMS è così dolce a consigliare tutto questo. Peccato che la risposta dell’Italia sembra essere il classico “sì, sì, dopo vediamo”.

Tanto premesso, le Officine sono inseriti in una serie di dinamiche che potremmo chiamare “secondo welfare”. Sì. Infatti, se intendiamo secondo welfare quell’insieme di dinamiche e interventi che vedono coinvolti soggetti privati, sia profit che non profit, che si affiancano a quelli pubblici per rispondere ai bisogni socio-culturali emergenti (anche perché l’alternativa sarebbe la non-risposta del Pubblico)
Negli ultimi anni, ahinoi, la capacità del Pubblico di affrontare bisogni vecchi e nuovi che interessano le
persone e le comunità è andata indebolendosi. Con il nuovo Codice del Terzo Settore del 2017 sono state però incentivate e legittimate le esperienze di sussidiarietà orizzontale. Non solo sul fronte culturale.

In conclusione, se vi siete mai domandati (lo so che non lo avete fatto, ma è bello pensarlo) come le Officine Teatrali si inseriscono nel nostro sistema socio-economico e politico-culturale, ecco. Questo è.

Samuel Maverick Zucchiati
Presidente Officine Culturali APS

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