La Maschera Neutra

Maschera Neutra1. Partiamo dalla parola Maschera. Spirito Nero, Fuliggine, Fantasma, strega, stregone, larva. È uno dei possibili primi etimi della parola “maschera”, precedente addirittura la nascita delle lingue indoeuropee. La maschera come sacro, come ponte tra i mondi. Ha un etimo incerto, probabilmente deriva da “masca”. La storia della maschera precede quella di tutte le lingue del mondo, quindi una certa incertezza possiamo di certo permettercela.
Le Maschere più antiche ritrovate risalgono al neolitico prima ancora che si cominciasse a lavorare la ceramica, infatti eran fatte di pietra. Questa lunga storia si sposa bene con il valore antropologico della maschera. Il volto infatti ha un’importanza antropologica e simbolica che il solo gesto di coprirlo fa subito scattare qualcosa dentro di noi che ha un sapore arcaico. Molte persone stanno male a vedere coperto il volto di altri o provano brutte sensazioni a coprire il proprio. Non sono rare le persone che temono la maschera e nutrono un sentimento perturbante nei suoi confronti.

All’inizio di certo aveva un ruolo squisitamente rituale, magico ed evocativo per avvicinare la morte, le divinità, le forze della natura. Accertato anche il suo ruolo bellico: indossarla permetteva di apparire più mostruosi e demoniaci ai nemici. Poi una “caduta” dal divino l’ha fatta approdare al palcoscenico. Fu allora spettacolo.

La Maschera allora porterà al personaggio. Il personaggio porterà fuori dalla scena conducendoci alla persona. Qui infatti incontriamo una radice etimologica molto stuzzicante: la parola “persona” è recuperata dal latino “persona” che è dall’etrusco phersu che significa, guarda guarda, “maschera”. UAU.

L’essere umano uscendo dal teatro porta con sé un debito. Il teatro ha contribuito e contribuisce ancora a alla conoscenza di sé. Sì, perché la persona si svela solamente quando indossa una maschera e lo fa sul palcoscenico, ben visibile dalla platea. La maschera mostra e non nasconde. Svela e non mente. Quando ci rifacciamo alla capacità di nascondere e di fingere la conferiamo alla maschera, all’attore, al teatro, al recitare e lo aggettiviamo con la parola “ipocrita”. Dal greco hypocrités, ovvero l’attore.
Con indosso una maschera l’attore riesce a mostrare molto di sé e del proprio personaggio. Per questo l’utilizzo in campo psicologico, nel counseling e nella pedagogia è così diffuso (spesso un cattivo utilizzo, per carità, ma questo è un altra storia).

Tornando alla Maschera Neutra, potremmo vederla come il risultato di un’evoluzione dell’utilizzo delle maschere. La maschera, dicevo prima, ha subito grandi “cadute” passando da un ruolo di mediazione nella relazione tra l’uomo e gli dei fino ai riti popolari e alle maschere della Commedia dell’Arte che uniscono la morfologia umana con quella umana in un perfetto equilibrio grottesco capace di esprimere la mutabilità umana da un lato e la sua continua reference ad archetipi sempre presenti e mai visibili senza l’aiuto di una maschera. Di Pantaloni, Arlecchini e Colombine è pieno il mondo.

La Maschera Neutra a differenza delle maschere espressive non ha carattere, non esprime emozioni, non rimanda a forme particolari. E’ neutra, un volto umano rilassato o addirittura privo di segni particolari nel caso delle Maschere di Mario Gonzales2!

Maschere del mascheraio Renzo Sindoca, ideate dal Maestro Mario Gonzales.


La Maschera Neutra mette a nudo e ogni gesto del corpo assume una densità e un peso specifico così enorme da riuscire a piegare lo spazio scenico e attrarre gravitazionalmente il pubblico verso di sè. Non si tratta di una maschera performativa e uno spettacolo con Maschera Neutra è difficile vederlo in cartellone (a meno che non sia una dimostrazione pedagogica). Indossandola ci si priva del volto il corpo assume il ruolo di principale fonte di informazioni, micro e macro espressioni.
Mentre prima cercavamo una strizzatina d’occhio, un sorriso, un arricciamento di naso per capire cosa il volto di fronte a noi stesse pensando, ora tutto questo viene cercato nel corpo. Il volto dell’attore diventa lo sguardo, ovvero il punto che ci permette dove la sua attenzione e la sua anima sono direzionati, mentre il corpo diventa l’enorme volto dove cerchiamo le informazioni sulla vita interiore, gli obiettivi e i conflitti del personaggio.
Tutto questo con l’aggiunta della privazione della parola. Sotto la Maschera Neutra non si può parlare, pena lo svelamento del meccanismo e il sembrar una “persona mascherata”. La parola non è più d’aiuto e gli incantesimi di cui è capace per evocare demoni, dei, emozioni e mondi simbolici è annullata dal volto rigido che ci priva di bocca, palpebre, naso e guance. Ora l’attore può sentire ogni suo gesto, movimento e piccola azione in maniera consapevole. È tutto il corpo ad esprimersi e il volto è solo un contrappunto drammaturgico.

Questo oggetto permette a chi lo indossa di raggiungere lo stato di neutralità che precede l’azione, uno stato di ricettività riguardante ciò che ci circonda, senza conflitti interiori. Si tratta di una maschera di riferimento, una maschera di base. Diceva Jacques Lecoq nel suo testo più famoso, Il corpo poetico, che “sotto ogni maschera ne esiste una neutra che ne regge l’insieme”. Su questo alcuni pedagoghi teatrali non si ritrovano ma di certo è una bella suggestione. Di certo rimane molto stuzzichevole la possibilità che l’attore possa togliere qualsiasi sporcatura che influenzerebbe l’azione tra le quali l’intervento del proprio ego, dei pensieri e giudizi su se stesso, l’estetica o la funzionalità della scena. Diventare foglio bianco.
Il personaggio infatti si comprende sinceramente solo quando indossa una maschera – anche non materiale ma metaforica, perché il personaggio è già una maschera! – e questa paradossalmente lo purifica dall’esagerazione controllata e finta del volto. Senza il volto a governare dittatorialmente la comunicazione visiva, la Maschera ci restituisce il personaggio più vivo, più adamantino e più scenicamente vero.
Sul fronte della crescita personale, e non solo artistica e performativa, potenzia l’ascolto di sé e dell’Altro. Sul fronte teatrale apre l’orizzonte della sensibilità recitativa e pone le basi per il lavoro sul coro scenico.
La Maschera Neutra permette l’accesso a una grammatica teatrale rigorosa ed essenziale che struttura in profondità la recitazione e la presenza dell’attore sul palcoscenico. Punto di partenza e di arrivo dell’uso della Maschera Neutra è la neutralità: una condizione di equilibrio propedeutica al lavoro sul personaggio.

Sul piano fisico la maschera neutra è nera e bianca: nessuna intenzione, nessuna emozione. La maschera espressiva è piena di colori e di emozioni, ma per capire la seconda è necessario padroneggiare la prima. Diversi sono i materiali usati ma il cuoio è il migliore tra questi. Qui vedete quella che viene spesso presa a riferimento e chiamata La Maschera Neutra, ovvero quella ideata da Lecoq e commissionata allo scultore Sartori.

Maschera Sartori. Notate la bellezza dei punti che sono frutto di un martelletto di osso!

La maschera neutra è la base per il lavoro sulla maschera espressiva. Passando attraverso la Neutra l’attore mette da parte il suo ingombrante ego e fa spazio per la nascita del personaggio.

Samuel Maverick Zucchiati
Regista, formatore teatrale, Professional Counselor

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  1. Lasceremo qui da parte la storia della Maschera Neutra in sè e cioè che inizialmente era detta nobile e fu creata negli anni ’20 da Jacques Copeau per poi, molti anni dopo, essere ripresa da Jacques Lecoq che ne apprese l’uso da Jean Dasté, grande maestro della scuola del Vieux-colombier diretta da Copeau. Per ora tutto questo ci interessa marginalmente. ↩︎
  2. Mario Gonzales, per diversi anni collaboratore del Théâtre du Soleil, è un autore, attore, pedagogo e regista. Già professore presso il Conservatoir National D’Art Dramatique di Parigi, ha ideato una pedagogia che si pone come obiettivo quello di aprire l’orizzonte della sensibilità e della creatività attoriali attraverso il lavoro sul coro e sulla maschera, neutra e di carattere.
    Il coro diventa con Gonzales lo strumento per lavorare sullo sguardo, l’equilibrio, il silenzio e approdare a un’assoluta precisione del gesto e dell’intenzione. Si tratta di imparare – nel teatro e sul proprio corpo – ciò che appartiene al solfeggio, e poi praticarlo, ancora e ancora
    . ↩︎
La Maschera Neutra

2 commenti su “La Maschera Neutra

  1. Una maschera nera, che ci fa diventare FOGLIO BIANCO!
    Su cui scrive il personaggio, con gli altri personaggi, una drammaturgia di corpi che si esprimono in un linguaggio muto
    Una magia atavica. Una sfida che parte da lì.
    Grazie Samuel per questa sfida

  2. Una maschera nera, che ci fa diventare FOGLIO BIANCO!
    Su cui scrive il personaggio, con gli altri personaggi, una drammaturgia di corpi che si esprimono in un linguaggio muto
    Una magia atavica. Una sfida che parte da lì.
    Grazie Samuel per questa sfida

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